I Cinghiali del Parco

Il Cinghiale (Sus scrofa) è un animale dotato di una eccezionale plasticità ecologica, dovuta essenzialmente alla sinergia di alcuni fattori: una strategia riproduttiva “intelligente”, in grado di adattarsi a diverse condizioni ecologico‐ambientali, attraverso la quale riesce ad ottenere incrementi di popolazione molto significativi (spesso pari o addirittura superiori al 100 % annuo); la capacità di utilizzare un ampio spettro alimentare, composto da risorse sia di origine vegetale che animale; una notevole agilità, ovvero la capacità di effettuare spostamenti anche di svariati chilometri in tempi ridotti,sia in relazione alla alimentazione che alla riproduzione.Grazie a queste sue caratteristiche si è assistito, nell’ultimo trentennio, ad una esplosione demografica che ha interessato un intero continente – l’Europa ‐ e che, inevitabilmente, ha posto la specie in una condizione di conflitto con diverse attività umane, in primo luogo con un’agricoltura rurale le cui tradizioni ed i cui prodotti genuini si tramandano da secoli.Anche l’Appennino umbro‐marchigiano è stato interessato da questo fenomeno, e nonostante il Cinghiale fosse scomparso da queste montagne da diversi secoli, a partire dalla fine degli anni ’70 la sua presenza si è fatta progressivamente più massiccia, a causa soprattutto dei numerosi interventi di ripopolamento effettuati a scopo venatorio.

In relazione alla istituzione di diverse aree protette, si è talvolta osservato il cosiddetto “effetto spugna”, legato ad una certa tendenza delle popolazioni di Cinghiale emigrare dalle aree in cui è praticata un’intensa attività venatoria per “rifugiarsi” nelle aree protette.

Di importanza non secondaria, inoltre, è il fatto che il Cinghiale gioca anche un importante ruolo ecologico, dal momento che attualmente rappresenta, tra l’altro, la principale preda naturale per il Lupo.

Al fine di affrontare tali complesse problematiche, il Parco ha attuato, a partire dal 1994, una strategia articolata, in coerenza con la normativa vigente e con gli indirizzi nazionali e, in particolare, con le “Linee guida per la gestione del Cinghiale (Sus scrofa) nelle aree protette” pubblicate dal Ministero dell’Ambiente e dall’INFS (ora ISPRA). Tale strategia ha riguardato, oltre all’indennizzo dei danni, la realizzazione di recinzioni elettrificate perla protezione delle colture, il monitoraggio sulla consistenza e la dinamica della popolazione di Cinghiale e il controllo numerico mediante prelievo selettivo tramite abbattimento e catture. La principale finalità di tali interventi,
pertanto, è quella di contenere la popolazione di Cinghiale entro limiti ritenuti compatibili con il mantenimento degli equilibri ecologici e, in particolare, con gli “agroecosistemi”, contribuendo in talmodo anche a tutelare l’agricoltura.
Sebbene l’art. 11, comma 3, della legge quadro sulle aree protette n. 394 del 6 dicembre 1991 vieti, tra l’altro, la cattura, l’uccisione, il danneggiamento, il disturbo delle specie animali, il comma 4 dello stesso articolo prevede la possibilità di effettuare prelievi faunistici ed eventuali abbattimenti selettivi, necessari per ricomporre squilibri ecologici accertati dall’Ente Parco, che devono avvenire per iniziativa e sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell’Ente parco ed essere attuati dal personale dell’Ente Parco o da persone all’uopo espressamente autorizzate dall’Ente parco stesso. Inoltre, il D.M. del 03/02/1990 di istituzione del Parco Nazionale dei MontiSibillini vieta “l’attività venatoria, escluso l’abbattimento selettivo delle specie in sovrannumero rispetto alla loro densità agricolo‐forestale,secondo le disposizioni di legge vigenti inmateria”.
Già le prime indagini sulla popolazione di Cinghiale nel Parco, condotte dal prof. Bernardino Ragni dell’Università degli Studi di Perugia, accertavano l’oggettiva sussistenza di squilibri ecologici legati alla presenza sovrabbondante di tale specie in relazione principalmente alle colture; in particolare, nella “Relazione sui primi risultati del progetto Cinghiale”, approvata con DCD n. 67 del 13/09/1995, si evidenziava che “gli agrosistemi, una componente storica e profondamente funzionale del paesaggio geografico e dell’ecosistema dei Monti Sibillini e dell’alta Valnerina, subiscono pesantemente gli effetti dell’attività alimentare del Cinghiale nel Parco Nazionale dei
Monti Sibillini”.

Dal Piano Cinghiali del Parco 2012-2015:

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