Iniziata la Reintroduzione del Camoscio d’Abruzzo anche nel Parco del Velino

giovedì 18 luglio 2013, 12:18

Eva e Lucy

Eva e Lucy

Majella-Sirente con biglietto di sola andata, con punto d’atterraggio Mandra Murata, località di rilascio dei primi due camosci del progetto “Life Coornata” finanziato dall’Unione Europea.

Qui, a 1.800 metri d’altezza, sotto l’occhio vigile del personale dell’area protetta, Eva e Lucy, in arrivo dal Parco Nazionale della Majella a bordo di un elicottero, segnano la concretizzazione del progetto che vede i parchi centro appenninici fare gioco di squadra per ampliare la popolazione di camosci appenninici nel cuore della Regione verde d’Europa.

Ora in quella splendida area impervia montana, tutelata dal Parco per la buona riuscita del progetto, i due esemplari saliti verso la cima del monte, attendono gli altri compagni di viaggio per formare la nuova popolazione di camoscio sul Sirente.

“La strada della collaborazione tra aree protette imboccata nell’ultimo periodo”, afferma il presidente del Sirente Velino, Simone Angelosante, “è foriera di ottimi risultati, sia in termini di promozione e tutela del territorio che di conservazione e sviluppo della bio-diversità e salvaguardia delle attività produttive delle comunità locali.

La reintroduzione del camoscio sul Sirente è stata possibile grazie alla completa disponibilità e collaborazione dei parchi della Majella e del Gran Sasso”. L’obiettivo dei vertici dell’area protetta regionale in perfetta sintonia con i Parchi nazionali della Majella e del Gran Sasso, dove nei prossimi giorni continueranno le operazioni di cattura di esemplari femmine da trasferire sul Sirente, mentre i maschi saranno prelevati nelle aree faunistiche, comunque, è di arrivare a reintrodurre una popolazione di almeno una trentina di capi per garantire un’esistenza a lungo termine.

“Questo è l’obiettivo minimo da raggiungere”, aggiunge il direttore del parco, Oremo Di Nino, “perché la reintroduzione sia coronata da successo. Dopo vent’anni siamo finalmente vicini a centrare l’obiettivo per eliminare quel buco nella catena degli Appennini e dare il nostro contributo alla salvaguardia di una specie faunistica di altissima valenza tra le più rare in Italia.

Il gioco di squadra e lo straordinario impegno del personale interno ed esterno del Parco insieme agli operatori e i vertici delle aree protette della Majella e del Gran Sasso sono stati vincenti”. L’operazione è realizzata in collaborazione con i Comuni di Celano, Ovindoli, Gagliano Aterno, Rocca di Mezzo, Secinaro, l’amministrazione separata dei beni civici di Rovere e il Corpo Forestale dello Stato.

Il Parco, per salvaguardare gli animali reintrodotti ha istituito, d’accordo con i Comuni ed in collaborazione al CFS, un’area specifica di tutela del camoscio appenninico. Sono inoltre in corso iniziative mirate a favorire le attività produttive e le esigenze delle popolazioni residenti e la realizzazione di interventi antiparassitari e vaccinali gratuiti sul bestiame.

Gli animali domestici, infatti, possono essere portatori di malattie trasmissibili al camoscio, soprattutto i nuclei in fase di colonizzazione di nuovi territori. Il camoscio appenninico classificato come “vulnerabile”, costituisce un’entità faunistiche molto rara, specie prioritaria nella Direttiva Habitat 92/43/CEE e in altri regolamenti comunitari. Attuale il numero complessivo di esemplari è stimato in circa 1500.

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